giovedì 17 febbraio 2011

La legislazione alimentare relativa alla scadenza degli alimenti

Sono stati emanati nel corso degli anni, vari decreti legislativi che regolano la immissione in commercio degli alimenti:
Il Decreto legislativo n. 109 del 1992, riguarda la etichettature alimentare e impone che siano fornite informazioni a tutela del consumatore. In particolare, secondo questo decreto i prodotti confezionati destinati al consumo devono riportare:
  • denominazione di vendita
  • elenco degli ingredienti
  • peso netto
  • termine minimo di conservazione o nel caso di prodotti deperibili, la data di scadenza
  • la indicazione del produttore o comunque si un venditore nella comunità europea
  • la sede dello stabilimento di produzione o confezionamento
  • per le bevande alcooliche il titolo in alcool
  • le modalità di conservazione e eventualmente di utilizzo e le relative istruzioni, se necessario
  • il luogo di origine o provenienza, nel caso la loro mancanza si possa creare equivoci nel consumatore
Il decreto 68 del 25 febbraio 2000, definisce il termine minimo di conservazione come la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione".
Sui prodotti confezionati che siano deperibili in breve tempo e che quindi possano costituire per la proliferazione microbica un percolo per la salute umana, deve apparire la scritta "da consumarsi entro" seguito dalla data di scadenza o dalla indicazione del punto  sulla confezione su cui la data è stampigliata.
Se l'alimento ha scadenza entro tre mesi, deve apparire la scritta "da consumarsi preferibilmente entro il ..." seguita dalla indicazione del giorno.
Se l'alimento ha scadenza oltre tre mesi si deve usare la scritta "da consumarsi preferibilmente entro la fine.." e l'indicazione di mese e anno o solo dell'anno, a seconda della durata.

Il decreto 181 del 2003 regola le diciture che possono apparire sull'etichetta e che non devono richiamare proprietà o effetti che il prodotto non possiede, come particolari virtù salutari,  a meno che il produttore non abbia condotto opportuni studi, depositando la relativa documentazione degli effetti benefici del prodotto.

La legge quindi richiede che sia indicata una scadenza, ma non prescrive la durata ( a parte per il latte fresco che deve scadere 5 giorni dopo che è stato confezionato, quello a lunga conservazione che scade dopo 90 giorni e le uova dopo 28 giorni) che è lasciata al produttore o al confezionatore.
Difatti la durata degli alimenti dipende dal processo tecnologico impiegato nella preparazione, dal metodo di confezionamento, dalla qualità delle materie prime impiegate e da eventuali additivi che ne prolungano la durata.
L'azienda, prima di immettere sul mercato l'alimento, deve quindi fare degli opportuni test organolettici per valutare per quanto tempo il prodotto mantenga le caratteristiche originali e non si alteri anche in presenza dei diversi metodi di conservazione possibili.
Devono inoltre essere eseguiti dei test di laboratorio per valutare la evoluzione nel tempo della carica microbica, le variazioni chimiche e quindi la sicurezza del consumatore che lo utilizza.
Si deve inoltre tener presente che il produttore si trova di fronte a due scelte opposte: da un lato è suo interesse che l'alimento si conservi a lungo, ma nello stesso tempo che siano mantenute le caratteristiche originali, per evitare che il consumatore non ne sia soddisfatto e si rivolga a un prodotto concorrente.
Pertanto si può trovare in vendita lo stesso alimento con durate diverse, in quanto ogni produttore può fare una propria scelta. La durata non è quindi necessariamente un elemento di valutazione a favore o meno di una determinato prodotto.